morosofi

un dialogo eterno, mutevole, aspro e necessario, destinato a reiterarsi ciclicamente. due essenze a confronto attraverso lotte, diffidenza, vicinanza, distacco, mito. morosofi.

chi è savio? e chi folle?

ogni epoca ha decretato il proprio verdetto, metabolizzandolo nelle proprie convenzioni socioculturali e definendo così nel profondo l’essenza stessa della vita. la Nave dei folli non ha meta, si lascia condurre dalle onde, attraversando temibili tempeste, soli allucinogeni e pleniluni animaleschi, senza mai trovare attracco. Sophia e Mania s’intrecciano tra loro come elementi profondi della mente umana.
nella Grecia antica i rituali estatici di Dionisio pretendevano di offrire, attraverso la follia, una forma diversa e superiore di sapienza contrapposta a quella ricercata dalla ragione. i Coribanti entravano in catalessi attraverso ritmi estatici per curare la follia (con la follia, come sosteneva Platone).
nel Medioevo la follia ossessionava l’immaginazione dell’uomo, sostituendosi al concetto di morte e simbolizzando un’inquietudine della cultura europea. 
con il XVII secolo si istituisce l’internamento: la follia viene esiliata, rendendo così impossibile l’esperienza di una ragione sragionevole e di una sragionevole ragione.

la verità è che nessun uomo è normale e perfetto (F. Pessoa – Il libro del genio e della follia). è dunque necessario avere la capacità critica di analizzare il Sé, accettando serenamente che la follia è in noi, e l’esserne radicalmente estranei indebolisce, e forse inaridisce, le nostre possibilità di comprendere gli altri quando stanno male (Eugenio Borgna – Di armonia risuona e di follia). la visione dell’altro dipende dalla nostra disposizione a mobilitare tutte le forze in noi stessi per l’atto della comprensione (R. D. Laing – L’Io diviso). 
il folle ricorda a ciascuno la sua verità. quello che troviamo nel riso del folle è che egli ride in anticipo del riso della morte. la saggezza consisterà nel denunciare dappertutto la follia, nell’insegnare agli uomini che essi ormai non sono niente di più che dei morti (M. Foucault – Storia della follia nell’età classica).

potrebbe essere, dunque, che l’abisso vertiginoso di cui abbiamo la sensazione alla presenza di certi pazienti schizofrenici sia connesso alla mise en abyme in cui essi stessi stanno partecipando (Louis A. Sass – Follia e modernità).

chi è savio? e chi folle?

vorrei morire in modo tale da far capire che la mia vita non è stata 
tanto cattiva da lasciarmi nomea di pazzo (Don Chisciotte)

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